Per secoli, studiosi e viaggiatori si sono interrogati sull’origine della Grecìa Salentina, quel lembo di Puglia in cui ancora oggi si parla il griko, una lingua greca antica sopravvissuta come un’eco del passato. Le ipotesi si sono susseguite: colonizzazioni della Magna Grecia, influenza bizantina, stratificazioni culturali. Ma oggi è la scienza a prendere la parola, offrendo prove genetiche sorprendenti: il DNA degli abitanti griki parla greco – e lo fa da almeno cinquemila anni.
Un viaggio a ritroso: quando la scienza ricostruisce le rotte della storia
Il progetto di ricerca, finanziato dal Ministero dell’Università e della Ricerca nell’ambito dei PRIN – Progetti di Rilevante Interesse Nazionale, è stato coordinato dalla professoressa Valeria Specchia, docente di genetica all’Università del Salento. Insieme al suo team, ha analizzato campioni genetici prelevati dalla popolazione locale, con il supporto del CNR e dell’Università di Roma Tor Vergata. L’obiettivo era ambizioso: decifrare l’identità genetica della Grecìa Salentina e comprendere se l’origine ellenica fosse solo una suggestione culturale o una verità biologica.
Il risultato è chiaro e affascinante: i marcatori genetici rinvenuti risalgono a circa 5.000 anni fa, e sono tipici delle popolazioni del Sud dei Balcani. Questa scoperta cambia radicalmente la narrazione dominante, anticipando le origini elleniche della Grecìa Salentina a ben prima dell’arrivo dei Messapi – popolazione illirica che si stanziò nel Salento a partire dall’VIII secolo a.C.
Non solo lingua: un’identità biologica conservata per millenni
Fino ad oggi, la sopravvivenza del griko era stata interpretata come l’effetto di una colonizzazione greca in epoca classica o della presenza bizantina tra il IX e l’XI secolo. Ma il DNA racconta una storia molto più antica. Le analisi genetiche hanno identificato elementi mitocondriali (trasmessi per via materna) e marcatori del cromosoma Y (di linea paterna) che confermano un’origine condivisa da uomini e donne provenienti dai Balcani del Sud.
Questo punto è cruciale: non si tratta di una semplice élite maschile giunta via mare, come accadde in altre colonizzazioni del Mediterraneo, ma di un’intera comunità, stabilitasi e radicatasi nel territorio salentino, tanto da trasmettere il proprio patrimonio genetico fino ai nostri giorni.
«Il dato genetico permette di escludere che la lingua grika sia il frutto di un’adozione culturale posteriore. Qui c’è stata una migrazione vera, completa, profonda», afferma la professoressa Specchia.
Un patrimonio conservato grazie all’isolamento
Una delle scoperte più rilevanti riguarda il grado di conservazione di queste sequenze genetiche: i griki conservano ancora oggi un’incidenza significativa di quei marcatori antichi, segno che la popolazione è rimasta relativamente isolata per secoli. Questo isolamento genetico, affiancato a quello linguistico e culturale, ha preservato l’identità della Grecìa Salentina come un piccolo universo autonomo all’interno del più ampio contesto pugliese.
La barriera linguistica, le tradizioni, i matrimoni endogamici e la geografia hanno forse contribuito a mantenere quell’equilibrio genetico, rendendo la Grecìa Salentina un unicum a livello europeo: non solo una minoranza linguistica, ma una comunità con un’impronta biologica distinta.
E ancora oggi, in luoghi autentici come Masseria Chicco Rizzo, antica dimora rurale immersa nella Grecìa Salentina, si respira la continuità di questa identità. Tra uliveti, architetture in pietra leccese e antichi muretti a secco, la tradizione sopravvive nel paesaggio, nella cucina e nell’ospitalità, diventando esperienza concreta per chi desidera riscoprire le origini profonde di questo territorio.
Il valore scientifico e culturale della scoperta
Questo studio segna una svolta nel modo in cui si interpreta la storia delle migrazioni nel Mediterraneo, portando alla luce flussi umani risalenti all’età del Bronzo, ben prima delle civiltà classiche. Il Sud Italia, in particolare il Salento, si conferma così crocevia di popoli e culture, ma anche terra di sedimentazione e continuità.
La scoperta apre nuovi scenari anche nel dibattito accademico sulla diffusione delle lingue indoeuropee, sulle rotte neolitiche e sulle interazioni tra le sponde adriatiche. La Grecìa Salentina potrebbe diventare caso di studio per l’intera area mediterranea, un esempio di come scienza, storia e identità possano dialogare attraverso la lente del genoma.
La comunità: custode e protagonista
Un altro aspetto straordinario di questa ricerca è il ruolo centrale della popolazione locale, che ha partecipato attivamente fornendo i campioni genetici necessari. Questo legame tra scienza e comunità si celebrerà pubblicamente il 12 marzo a Castrignano de’ Greci, in un incontro aperto al pubblico, durante il quale i risultati verranno condivisi con cittadini e istituzioni. Sarà un momento simbolico e collettivo in cui una comunità riscopre sé stessa, non più solo attraverso racconti tramandati o studi storici, ma con la forza oggettiva dei dati genetici.
Un’identità millenaria che guarda al futuro
Oggi, la Grecìa Salentina è molto più di un’area linguistica da proteggere. Grazie a questa scoperta, si afferma come patrimonio vivente dell’Europa antica, come testimonianza genetica di una migrazione preistorica che ha lasciato un segno indelebile nel cuore del Salento. La lingua grika, i canti popolari, le feste tradizionali, le architetture rurali e ora anche il DNA concorrono a disegnare una mappa dell’identità collettiva che ha radici profonde e rami ancora vitali.
Questa ricerca non è un punto di arrivo, ma l’inizio di una nuova narrazione. Una narrazione che, grazie alla scienza, unisce passato e presente e restituisce alla Grecìa Salentina il posto che le spetta nella storia del Mediterraneo: non come reliquia di un’antica colonizzazione, ma come viva eredità di un popolo che non ha mai smesso di essere sé stesso.